Ogni promessa è debito, si sa, e chi sono io per smentire cotanta saggezza? Per questa ragione non posso proprio non raccontarvi cosa ho combinato con una diapositiva sottoesposta e cross-processata, come vi avevo promesso in un post precedente. Che ci posso fare?, lo sento come un obbligo nei vostri confronti.
Ebbene, qualche mese fa ho deciso di montare sulla mia LC-A una kodak elitechrome 100 ISO e selezionare sulla macchina la sensibilità a 200. In altre parole, ho sottoesposto la pellicola di uno stop. Non solo, ma ho anche provato il brivido di sviluppare a casa la diapositiva in c-41.
Ora vi racconto come è andata …
Una noiosa e umida domenica di gennaio, sono andata insieme al mio ragazzo nella camera oscura allestita nella sua cantina, e abbiamo preso il kit della Tetenal per lo sviluppo del colore in c-41. Lette le istruzioni in italiano (che suppongo siano state tradotte magistralmente con Google), ci siamo resi conto che la spiegazione non era molto chiara. Che fare? Diamo un’occhiata sul gruppo FAI di Flickr dove abbiamo trovato, al solito, tante e diverse informazioni utilissime. Nonostante qualche perplessità e vagamente consci di quello che ci avrebbe aspettato di lì a qualche ora, ci siamo decisi a cominciare.
Come un buon lavoro di squadra prevede, io misuravo la temperatura dell’acqua per il bagnomaria, mentre Alessandro cominciava a fare le soluzioni con i chimici. Mantenere la temperatura costante, per lo sviluppo del colore, è fondamentale e questa è stata una vera e propria sfida, dato che la cantina è un posto molto freddo. Per questo si è deciso di sviluppare a 30°C anziché 38°C. Sviluppare ad una temperatura un po’ più bassa, in questo caso, ha alcuni vantaggi: sebbene i tempi siano più lunghi, i piccoli errori di imprecisione che possono verificarsi, vengono attenuati.
La cosa divertente è vedere il colore e la densità di questi acidi: ci si può sentire veramente dei “piccoli chimici” all’opera.
La prima soluzione è quella del bagno di sviluppo: nel kit della Tetenal ci sono 3 flaconcini da 100ml da unire a 700ml d’acqua; la seconda soluzione è quella del bagno sbianca-fissaggio: anche qui ci sono 2 flaconi da 200ml da unire a 600ml d’acqua; la terza e ultima soluzione è quella dello stabilizzatore. Fatte queste tre bottiglie da 1 litro ciascuna, le abbiamo messe nel bagnomaria da me precedentemente preparato. Del litro di soluzione, ovviamente, se ne deve usare la quantità necessaria al numero di pellicole da sviluppare. Nel nostro caso, con 2 pellicole 35mm, avevamo bisogno di 650ml di ogni diluizione preparata.
“Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare” mi sembra un’espressione decisamente pertinente alla situazione. Sì, perché il procedimento è semplice ma deve essere preciso, soprattutto considerando che la temperatura dei chimici e dell’acqua deve essere costante, come dicevo prima.
Spegnamo la luce e montiamo le 2 diapositive nella spirale. Fin qui, tutto bene. Cominciamo con la soluzione del bagno di sviluppo. Per 8 minuti buoni mi sono messa lì a girare le pellicole dentro la tank. Dopo lo sviluppo abbiamo sciacquato le pellicole con acqua calda.
Dopo questa fase, abbiamo messo nella tank la soluzione del bagno sbianca-fissaggio: anche qui ho girato le pellicole per almeno 8 minuti continui.
Ecco la parte difficile: il lavaggio a 30°C ogni 30 secondi. In pratica, ogni 30 secondi, bisogna cambiare l’acqua per almeno 6 volte. Il punto, però, è che in quella camera oscura non arriva l’acqua calda. Immaginatevi la scena: io che scaldo l’acqua con il bollitore elettrico da mezzo litro, la svuoto nel lavandino chiuso, la misuro col termometro alimentare, ci aggiungo l’acqua fredda (freddissima) del rubinetto per raggiungere la temperatura giusta, la metto nella brocca, la passo ad Alessandro che la versa nella tank, mentre io ho già riempito un’altra volta il bollitore elettrico … tutto questo per 6 volte consecutive.
Arrivati a questo punto, anche se il sudore gronda dalla fronte e si vorrebbe seriamente stendersi sul divano, non ci si può tirare indietro. Almeno non dopo tutta questa fatica! E poi la curiosità di vedere quello che è venuto fuori è tanta. Così procediamo con lo stabilizzatore. Stavolta è facile: basta un minuto solo di agitazione tranquilla e la temperatura non è fondamentale.
Finalmente, rullo di tamburi … è arrivato il momento di appendere le pellicole ad asciugare! (applausi e urla da folla in delirio).
Appena uscite dalla tank, le pellicole risultavano ancora opache; è solo durante l’asciugatura che sono diventate trasparenti. Non so come descrivere la sorpresa nei nostri volti un po’ provati ma felici nel vedere che le pellicole si erano perfettamente sviluppate. Mentre asciugavano, non facevo altro che osservarle, guardarle e rimirarle, quasi incredula della magia appena avvenuta.
Tirando le somme, durante lo sviluppo del colore è complicato solo il mantenimento della temperatura; i passaggi invece sono abbastanza semplici e meccanici. Basta capire un minimo come funziona e tutto viene da sè. La soddisfazione di tirare fuori un cross-process del genere, ha ripagato ogni sforzo:
In ultimo la mia preferita:
Trovo che questi colori acidi, lisergici e molto saturi siano decisamente quello che cercavo. Inoltre credo che il procedimento della sottoesposizione e dell’x-pro abbia tirato fuori tutta l’anima della LC-A.
La seconda diapositiva sviluppata è altrettanto soddisfacente. Per il momento mi riservo il diritto di non condivedere il risultato con nessuno, visto che sono fotografie che fanno parte di un progetto – un po’ ambizioso – che sto portando a termine in questo periodo.
